L’idea di Visioni Virali nasce nell’attimo in cui il Coronavirus s’insinua nelle nostre vite, quando le aziende per cui lavoro quotidianamente chiudono. Una alla volta, tutte quante. E io mi ritrovo a casa, senza un lavoro a domandarmi che cosa fare. Inutile dire che non mi aspettassi niente di tutto questo, a dispetto della mia ipocondria, per una volta, ho cercato d’essere ottimista aggrappandomi alle notizie positive che giungevano. Quelle che definivano questo virus “un’influenza un pò più contagiosa e potente”.
Invece è cambiato tutto. Da un momento all’altro. E dopo alcuni giorni di assoluta disperazione con annesse crisi di pianto e di sconforto, arriva il messaggio di un’amica che mi dice “fai quello che sai fare, un reportage, documenta quello che sta accadendo.” E in quel momento di riaccende la luce. Non una luce accecante, per carità, ma di questi tempi ci si accontenta di poco. Così ho preso la macchina fotografica e ho iniziato a scattare. Ho incontrato persone sorridenti, altre chiuse in se stesse, altre che non vedono l’ora di raccontare perché a tenersi dentro l’angoscia si fa una fatica mortale.
Abbiamo tutti paura, non c’è niente da fare. E la paura è il sentimento più umano fra tutti. Abbiamo paura perché non sappiamo cosa aspettarci, perché il presente è una nebulosa fittissima e il futuro, se possibile, è ancora peggio. Ma c’è una frase del Piccolo Principe che dice: “ciò che rende bello il deserto è che nasconde un pozzo da qualche parte”. Non so dove sia il mio pozzo ma nelle settimane d’isolamento che ci aspettano, potremo tutti impegnarci a cercare il nostro. L’immagine della bambina che gioca al parco con la sua Barbie è stata recentemente selezionata da Roma-Fotografia nell’ambito della call promossa da Roma Fotografia, TWM Factory, la rivista ILFOTOGRAFO, il Festival della Fotografia Etica di Lodi e in collaborazione con The Walkman Magazine. Le immagini dedicate ai bambini invece sono partecipano al premio Riccardo Prima 2020.